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Progetto
Ovidio - database
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autore
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Cicerone
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I doveri, III, 105
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originale
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[105] At enim ne iratus quidem Juppiter plus Regulo nocuisset, quam sibi nocuit ipse Regulus. Certe, si nihil malum esset nisi dolere. Id autem non modo non summum malum, sed ne malum quidem esse maxima auctoritate philosophi affirmant. Quorum quidem testem non mediocrem, sed haud scio an gravissimum Regulum nolite quaeso vituperare. Quem enim locupletiorem quaerimus quam principem populi Romani, qui retinendi officii causa cruciatum subierit voluntarium? Nam quod aiunt minima de malis, id est, ut turpiter potius quam calamitose; an est ullum maius malum turpitudine? Quae si in deformitate corporis habeat aliquid offensionis, quanta illa depravatio et foeditas turpificati animi debet videri?
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traduzione
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105. Ma neppure Giove adirato avrebbe potuto nuocere a Regolo, pi? di quanto proprio Regolo nocque a se stesso. Certo, se non esistesse altro male al di fuori del dolore fisico; ma i filosofi pi? autorevoli affermano che non solo non ? il male maggiore, ma non ? neppure un male. Non biasimate, di grazia, Regolo, testimone non mediocre, anzi forse importantissimo (della fondatezza delle loro asserzioni). Difatti quale testimone pi? autorevole andiamo cercando di uno dei pi? insigni cittadini romani, che affront? volontariamente il supplizio per mantenersi fedele al dovere? Si dice, poi, 'il minore tra i mali' - scegliere, cio?, la vergogna piuttosto che la sventura -, ma esiste un male pi? grande della vergogna? Se essa nella deformit? fisica ha qualche cosa di repellente, quanto ci deve apparire grande la deformit? e la bruttezza di un animo corrotto?
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